OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO PER LA LAVORATRICE GESTANTE

Secondo l’art. 2 lit. c) del DECRETO LEGGE (OUG) 96/2003 sulla tutela della maternità nei luoghi di lavoro “la lavoratrice gestante è la donna che comunica per iscritto al datore di lavoro il suo stato fisiologico di gravidanza e allega un documento medico rilasciato dal medico di famiglia o dallo specialista che attesti tale condizione”;

Entro 10 giorni lavorativi dal ricevimento della suddetta comunicazione, il datore di lavoro deve darne comunicazione al medico del lavoro, nonché all’ispettorato territoriale del lavoro sul cui territorio esercita la propria attività.

La sanzione, in caso di mancato rispetto di tale obbligo, è una ammenda amministrativa da 2500 lei a 5000 lei.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di mantenere la riservatezza della gravidanza della dipendente e non informerà altri dipendenti se non con il suo consenso scritto e solo nell’interesse del corretto svolgimento del processo lavorativo, quando la gravidanza non è visibile.

Il medico del lavoro rilascia un rapporto di valutazione in cui vengono identificati i rischi per la sicurezza e/o la salute della lavoratrice gestante, indicando anche le misure necessarie per prevenire tali rischi.

Il datore di lavoro comunicherà per iscritto al lavoratore l’esito della valutazione dei rischi cui può essere esposto nei luoghi di lavoro, delle misure da adottare e dei diritti di cui gode. Se la disposizione delle condizioni di lavoro e/o dell’orario di lavoro non è tecnicamente e/o oggettivamente possibile o non può essere richiesta per motivi fondati, il datore di lavoro adotterà le misure necessarie per modificare il posto di lavoro del rispettivo dipendente.

Se il datore di lavoro, per motivi obiettivamente giustificati, non è in grado di assegnare il lavoratore ad un altro lavoro senza rischi, la lavoratrice gestante ha diritto al congedo di maternità.

In base alla raccomandazione del medico di famiglia, la lavoratrice gestante, che per motivi di salute non può svolgere il normale orario di lavoro, ha diritto alla riduzione di 1/4 dell’orario di lavoro normale, pur mantenendo il salario da lavoro dipendente , interamente a carico del fondo stipendi del datore di lavoro.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di concedere alle lavoratrici gestanti una dispensa per le visite prenatali entro un massimo di 16 ore al mese, su indicazione del medico di famiglia o dello specialista, se le indagini possono essere svolte solo durante l’orario di lavoro, senza diminuire i diritti stipendio.

Inoltre, il datore di lavoro informerà mediante affissione in luoghi visibili, per un periodo di 6 mesi, in ciascuna delle unità di sua proprietà, sui diritti che le lavoratrici gestanti hanno in merito alla tutela della maternità sul lavoro. Le donne in gravidanza, allattamento e allattamento non possono essere costrette a lavorare di notte.

Se la salute delle lavoratrici gestanti è compromessa dal lavoro notturno, il datore di lavoro è tenuto, sulla base di una richiesta scritta della lavoratrice e di un documento medico attestante il periodo in cui la sua salute è compromessa da tale lavoro, a trasferirla in un luogo di lavoro giornaliero, pur mantenendo la retribuzione base mensile lorda.

Su richiesta della lavoratrice gestante che svolge attualmente un lavoro insalubre o insopportabile, il datore di lavoro ha l’obbligo di trasferirla ad altro lavoro, mantenendo lo stipendio base mensile lordo. Secondo l’art. 21 par. (1) lett. a) dell’Ordinanza d’urgenza del Governo n. 96/2003, è fatto divieto al datore di lavoro di disporre la cessazione del rapporto di lavoro o di servizio nel caso della lavoratrice gestante, della lavoratrice che ha appena partorito e della lavoratrice che allatta per motivi direttamente connessi alla sua condizione. Sempre secondo l’art. 60 par. (1) lettera c) della Legge 53/2003 – Codice del Lavoro “Il licenziamento dei dipendenti non può essere disposto: [...] c) durante il periodo in cui la lavoratrice è in stato di gravidanza, nella misura in cui il datore di lavoro ne sia venuto a conoscenza fatto anteriore all’emanazione del provvedimento di licenziamento”. Con decisione n. 1 del 14 gennaio 2020 concernente l’eccezione di incostituzionalità delle disposizioni dell’art. 60 par. (1) lett. c) della Legge n. 53/2003 – Codice del Lavoro, la Corte Costituzionale ritiene che il divieto di licenziamento sia strettamente limitato ai motivi direttamente connessi alla sua condizione, e non alle altre ipotesi in cui la risoluzione disciplinare del contratto individuale di lavoro sia conseguenza di illeciti disciplinari, colpa grave, assenza ingiustificata dal lavoro per un lungo periodo, mancato rispetto della disciplina del lavoro in genere, cessazione del rapporto di lavoro per motivi economici o licenziamenti collettivi. La Corte rileva anzitutto che una decisione di licenziamento adottata per motivi essenzialmente connessi alla gravidanza della lavoratrice interessata è incompatibile con il divieto di licenziamento previsto da tale direttiva. Al contrario, una decisione di licenziamento presa tra l’inizio della gravidanza e la fine del congedo di maternità per motivi estranei alla gravidanza della lavoratrice non è contraria alla direttiva 92/85 CEE se il datore di lavoro fornisce motivi fondati per il licenziamento, e tale il licenziamento è consentito dalla legge e/o dalla prassi dello Stato membro interessato.