Come cambia il regime microimpresa dal 1.1.2023

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Le disposizioni dell’O.G. no. 16/2022 hanno modificato in modo strutturale il regime delle microimprese; in particolare le condizioni di accesso e di mantenimento del regime sono a partire dal 1 gennaio 2023 più numerose e complesse.

La microimpresa è definita come l’entità giuridica rumena che alla data del 31 dicembre 2022 soddisferà oltre alle precedenti condizioni anche le seguenti condizioni (sono specificate solo quelle nuove introdotte dal citato atto normativo):

-(prima condizione) conseguire un totale ricavi che non superi l’equivalente in lei di 500.000 euro/anno;
-(seconda condizione) conseguire ricavi diversi da quelli di consulenza e/o management, in misura superiore all’80% dei ricavi complessivi; di conseguenza i ricavi derivanti da consulenza e management non potranno superare il 20% del totale ricavi;
 -(terza condizione) avere almeno un dipendente a tempo pieno;

-(quarta condizione) avere soci/azionisti che detengano più del 25% del valore/numero dei titoli di partecipazione o dei diritti di voto in non più di tre persone giuridiche rumene che possono applicare il sistema di tassazione sui redditi delle microimprese.

Ricordiamo che l’aliquota unica del regime dal 1.1.2023 è del 1% sul totale ricavi registrati (viene alleggerito il carico fiscale e fronte di regole più rigide).

Le nuove condizioni per alcuni aspetti (la prima condizione), realizzano quanto era già trapelato nel corso dell’anno, ovvero la volontà di ridurre il plafond di ricavi per accedere al regime (sembra sia una imposizione dell’UE). Per altri aspetti, suscitano molte perplessità.

In particolare, la reintroduzione del divieto di attività consulenziale sotto la veste del regime micro (resuscitando una vecchia previsione normativa abrogata), appare irragionevole per molti aspetti:

1- in primo luogo la normativa non riporta nessuna definizione per  “consulenza”, lasciando libertà all’Agenzia delle Entrate romena (ANAF) di avallare ogni possibile interpretazione estensiva a proprio vantaggio.

2- Questo punto (mancanza di chiarezza ed esaustività della norma) oltre a minare il quadro di legalità entro il quale contribuente e Agenzia dovrebbero muoversi, crea il presupposto per futuri contenziosi.

3- Inoltre considerando la crescente necessità di consulenze professionali nelle società avanzate, risulta discriminatorio nei confronti dei professionisti intelletuali escludere la loro attività dal novero delle attività legittimate ad accedere al regime micro.

La seconda condizione che, a nostro avviso, appare irragionevole è l’obbligo, per permanere nel regime, di assumere almeno un dipendente a tempo pieno. Sappiamo benissimo che le micro imprese sono il veicolo preferito fiscalmente per intraprendere nuove attività, sia dai residenti che da non residenti; il regime micro è un propulsore per i giovani e per tutti i contribuenti che vogliono iniziare una attività commerciale, agricola, professionale, sostenendo il rischio economico dell’insuccesso (generando futura ricchezza e posti di lavoro). I costi fiscali certi (e non variabili dipendenti dall’utile fiscale come nel regime ordinario) infatti consentono maggior prevedibilità del risultato economico e la minimizzazione del rischio di fallimento. L’obbligo di assunzione invece risulta un onere supplementare che appesantisce una nuova attività sia dal punto di vista fiscale (se non ho un dipendente sono costretto a passare al regime ordinario) sia dal punto di vista degli oneri di gestione (costo lordo del lavoro). Oltrettutto come tutti gli imprenditori esperti sanno bene, il contratto di lavoro si basa su un rapporto fiduciario che è difficile instaurare fin dall’inizio con il dipendente e necessità di numerose fasi di “evoluzione”. Sarebbe opportuno calibrare l’aliquota di vantaggio (ora unica all’1%) al fatturato o al numero di annualità che il contribuente ha concluso (più il contribuente ha successo nel suo business e più dovrà, normalmente, strutturarsi con maggiori costi bilanciati dai fatturati crescenti).

L’ultima condizione, ovvero la quarta, di fatto è una chiusura alla pratica di creare più microimprese per frazionare il business. Avrebbe avuto maggior senso impedire il frazionamento collegando il limite alla vera attività svolta dalla singola microimpresa: il limite doveva quindi esser dipendente dal codice CAEN effettivamente svolto dal contribuente.

Difficile dire quale impatto le modifiche al regime microipresa avranno nel futuro, di sicuro il regime è l’unico vero appeal fiscale per i piccoli imprenditori stranieri e locali in quanto il regime ordinario del 16% sull’utile fiscale (appensantito dall’ulteriore aumento all’8% della ritenuta sui dividendi) non è concorrenziale rispetto ai vicini Stati Ue.

Cristian Meneghetti

Cristian Meneghetti

Commercialista italiano, opera in Romania, esperto in fiscalità internazionale, laureato in Economia e Commercio presso l’Università di Venezia.

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